>Articoli
Il navigatore dello spazio interno: appunti su J.G. Ballard
di Antonino Fazio

::::MAGAZINE::::

Fazio, siciliano trapiantato da molti anni a Torino, scrive da sempre ma negli ultimi anni la sua produzione di racconti si è fatta continua e prolifica (l'antologia CyClone, Perseo 2005, ne contiene una parte abbastanza piccola), unendo una vena umoristica alla creazione di distopie dalle atmosfere raffinate, con narratori spesso inaffidabili che risucchiano il lettore in sottili, talvolta seducenti giochi narrativi alla Sturgeon. Fazio è anche autore di articoli, e le sue riflessioni sulla poetica della SF sono molto influenzati dalla psicologia. Ballard, inevitabilmente, è uno dei suoi autori più amati.

“Prima o poi tutto si trasforma in televisione”
“Ai miei occhi, la sola cosa che amplia il paesaggio del XX secolo è la psicopatologia”
James Graham Ballard

In Da che parte, per lo spazio interno? (Which Way to Inner Space?), pubblicato su New Worlds nel 1962, James Ballard teorizzava una fantascienza non più protesa verso l’esterno, ma intenzionata a esplorare gli abissi dell’animo umano, ben più insondabili e interessanti di qualunque pianeta extrasolare.
Ballard ha portato avanti magistralmente questo programma letterario, producendo storie memorabili, nelle quali gli elementi stranianti sono veicolati da un linguaggio asciutto ed essenziale, oggettivo fino ai limiti della spietatezza.
L’esplorazione dello spazio interno non segue, in Ballard, la bussola dell’introspezione. Anzi, ci sono pochi esempi di scrittura altrettanto priva di descrizioni psicologiche e analisi dell’interiorità. Lo spazio “interno” viene rappresentato infatti attraverso una proiezione quasi cartografica sullo spazio esterno di contenuti psichici rimossi, che riemergono in relazione a stimolazioni di carattere ambientale ed esperienziale, trasformando il paesaggio in una mappa psichica del soggetto che lo abita.
L’analisi clinica, effettuata da Ballard con esemplare lucidità, mette insieme in modo peculiare i due grandi teorici dell’inconscio, Freud e Jung, sorvolando sullo storico contrasto tra maestro e allievo, per illustrare l’intreccio irresolubile tra l’inconscio individuale e quello collettivo. Più di qualunque altro autore, Ballard riesce ad annullare completamente la differenza burocratica tra letteratura di genere e “mainstream”, in quanto la sua prosa si situa all’intersezione tra i due insiemi, senza essere un esempio né di ibridazione, né di contaminazione. La prosa di Ballard è sia fantascienza pura, sia letteratura tout court, senza alcun resto, scarto o residuo in nessuno dei due casi.
Per sua stessa dichiarazione, Ballard ha cercato principalmente di percepire il cambiamento, rappresentandolo con quel margine di anticipo che collega il suo modo di scrivere alla fantascienza, piuttosto che a qualsiasi altra corrente letteraria. In lui il moderno è il futuro che avanza, anzi che è già qua, con la sua carica innovativa e traumatica. Ballard è interessato principalmente a ciò che emerge dallo sfondo indifferenziato della “normalità”, intesa nel senso di ciò che è statisticamente irrilevante, e al tempo stesso puramente illusorio, dal momento che l'eversione, come scarto dalla normalità, a saperla leggere, traspare chiaramente dalle maglie allentate di ciò che si spaccia per normale.
In tal senso, il suo interesse per la psicopatologia, che si mantiene equanimamente distante tanto dalla riprovazione quanto dal compiacimento, è esemplare nella sua assoluta lucidità clinica. La follia, per Ballard, non è un semplice incidente di percorso in cui si imbatte occasionalmente la razionalità, ma la “normale” modalità di funzionamento della psiche umana, sempre tesa a proiettare sul mondo esterno i simboli della propria immaginazione, e sempre soggetta al tempo stesso al modellamento che il mondo esterno le impone, attraverso segnali che vengono invariabilmente percepiti nella loro valenza simbolica, in un circuito inestricabile in cui interno ed esterno, come in una bottiglia di Klein, risultano privi di bordo.