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Connessioni musicali: considerazioni finali

Il percorso di riscoperta dei live più memorabili a cui il nostro Sandro Battisti ha partecipato si prende una pausa. Con l'occasione, approfittiamo per condividere una sua riflessione sulla permeabilità di immaginari e sensibilità e sull'importanza catalizzante della musica.

Quanto a lungo può rimanere stampata nella propria coscienza la memoria di un bellissimo e particolare evento? Come può rimanere integro nei nostri ricordi, con la stessa sequenza di fatti e di emozioni che si sono via via succedute?
Me lo sono chiesto tornando a ricomporre i concerti visti in quasi trentacinque anni di follie sonore, votate al lato oscuro della Forza o semplicemente a quello psichedelico, spaziando da performance anarcopunk a sperimentazioni alienate, fossero esse cyberpunk o avanguardistiche: cosa mi è rimasto dentro di tutto quel flusso immaginifico e sonoro?

Le puntante precedenti di questa rubrica, quelle che avete letto nel volgere dilatato dei tempi di Next Station, raccontavano le performance più dense, anche quelle remote nel passato ma che più avevano lasciato il segno nella mia personale formazione non solo musicale, ma pure culturale, fluita attraverso quei nodi cognitivi e di cui ho potuto darvi per bene conto; nel mio subconscio, però, esistono molte altre esibizioni, più o meno belle, più o meno interessanti, che hanno contato molto finché le emozioni sono rimaste fissate nella memoria: di queste, purtroppo, non posso più farvi nessun report, i dati che ricordo sono davvero pochi, frammentati, forse incoerenti.

Faccio davvero fatica a ricordare il succedersi delle esibizioni viste negli anni; sono sicuro di dimenticare un gran numero di artisti, di situazioni, di persone con cui ero a quei gig; credo di essere immerso in un oblio imbarazzante. Negli ultimi tempi, a volte, i concerti che ho giudicato interessanti li ho prontamente dettagliati su qualche sito compiacente, ma sono stati casi isolati, quindi non saprei dirvi molto, per esempio, dei Cure, che ho visto tre volte e che per lunghissimo tempo, fino a pochi anni fa, rappresentavano l’acme delle mie personali emozioni live. Potrei dirvi di Peter Murphy e della sua innata antipatia, raccontarvi delle magnificenze e dei brividi evocati dai Pink Floyd, o da Roger Waters, visti entrambi due volte; elencarvi la bellezza e la fascinosa voce di Siouxsie, la carica emotiva di Nick Cave e dei suoi Bad Seeds, in cui per lungo tempo ha militato Blixa Bargeld e che solo recentemente mi è stato ricordato che ho assistito nei primissimi 2000 ai suoi Einsturzende Neubauten, ammirati nuovamente l’anno scorso, invecchiati ma anche capaci di reinterpretare il loro passato con una modalità più melodica eppure coerente. Ero presente alle performance di Rozz Williams, Covenant, Clock DVA, VNV Nation, Das Ich, Mission, Current 93, Cindytalk, Boyd Rice, Sixth-Comm, Kirlian Camera, Hocico, Ataraxia, Dive, Macelleria Mobile di Mezzanotte, Christian Death, Tuxedomoon; ma soprattutto Fields of the Nephilim, a Londra due o tre anni fa, così intensi da dare la sferzata matura al mio bisogno di oscurità interiore e occulta. Ho osservato attento le evoluzioni di un’infinità di gruppi, gruppuscoli, gruppacci di cui fatico a rintracciare i volti, le musiche, le situazioni; mi sono deliziato con le sperimentazioni electronoise del collettivo DuplexRide di Genova, affannato a rincorrere l’empatia dei primissimi Litfiba e dei Diaframma, incarnato nel flusso sciamanico dei Phurpa, che hanno suonato in una location sconsacrata, due anni fa, a Genova. Mi sono rivitalizzato e incazzato con i Public Image Limited, ho frequentato festival, percepito rasoiate industrial e cyber un po’ in giro, soprattutto per Roma, apprezzato balli erotici di bellissime gothic girl che piroettavano in ossequio alla moda alternative: in tutto ciò, facendo un conto davvero impreciso, potranno essere state almeno 400 le band e gli artisti visti? Può darsi, ma cosa importa veramente a questo punto? Qual è il messaggio globale che mi è tornato indietro da tutto quel dispendio di energie e attenzione, che oltretutto ho adorato fare?
Cultura, my friends.

Mi sono arricchito di suggestioni, di vite, di visioni e punti di vista. Mi sono calato in conoscenze a volte occulte, a volte inumane, altre volte provenienti da romantiche timeline aliene, impossibili da comprendere se si rimane ancorati alle cognizioni che la nostra vita quotidiana ci propina brutalmente. Ma la cosa che più mi ha reso felice, ve lo confesso, è stato veder crescere il mio humus culturale fino a farlo tracimare e contribuire all’inizializzazione del connettivismo, movimento grazie al quale ho potuto cominciare a costruire la tela dei miei racconti, romanzi, idee, visioni, cui poi ho dato il mio apporto per far maturare il collettivo. Ho grossi debiti cognitivi e creativi con i Floyd, inutile nasconderlo, e soprattutto con Waters e Barrett, perché la loro visione e impostazione è ciò che mi fa avere la voglia di creare, alla loro maniera. Devo moltissimo anche ai Fields of the Nephilim, come dicevo poc’anzi, perché grazie a loro ho esplorato tutto il territorio della fantarcheologia e dell’orrore dello spazio profondo arcaico, tutte cose in qualche modo di pertinenza SF ma anche fantastica in senso lato. Devo molto a tutto il Gothic, alla New Wave, al ’77 e a quello che è venuto dopo, perché mi ha dato l’impronta oscura che è un’altra mia cifra stilistica, e devo tanto anche al ’68 e alla sua onda lunga Beat, perché è ciò che mi continua a donare la rabbia e la voglia di sovvertire l’ordine opprimente della politica e dell’economia: devo moltissimo a tutto questo brodo culturale musicale perché, comprendendolo e in qualche modo vivendolo, ho imparato a setacciare la Letteratura (sottolineo che è stata la Musica a formare la mia sensibilità, non il contrario) e le arti visive, tutte.

Questi sono i miei debiti, che sono però i miei punti di forza. Se sono stato capace di trasmettervi tutto ciò, tramite le puntante precedenti di Pulse e anche con questo riassunto emozionale e conoscitivo, allora posso dire di essere riuscito a donarvi un lascito quasi culturale, in realtà immaginifico, di questi 35 anni vissuti sull’onda dell’alternative: vi posso augurare di sperimentarne almeno altrettanti, e a mia volta augurarmi di continuare su quest’onda perlomeno per altri 35?
KeepTalking, scrivevano i Nephilim sui loro primi dischi, ed è il motto che ho sempre adottato fin da prima dei tempi connettivisti; zoon è il mio nick in Rete ed è il titolo del disco solista di Carl McCoy, singer dei Nephilim: devo aggiungere altro sull’importanza della subcultura musicale per la mia anima e personale creatività? Adoro far affiorare da tutto ciò l’origine delle cose e assaporarne l’alchemico sapore della conoscenza, del piacere interiore, utilizzando il favoloso medium surreale evocato dalla musica: tutto ciò è trascendenza.

Vi ringrazio molto per la vostra attenzione, e per l’empatia. A presto, su altri avvincenti argomenti.