Stanislav Grof: la mente olotropica

L'intervista a Grof è pubblicata su Carmilla online, e non è banale. Io stesso non ne sapevo nulla di questa disciplina psicologica, la psicologia transpersonale.

Chi conosce già Jung può capire di cosa tratta questa particolare scienza; la mente olotropica fa il paio con il paradigma olografico, e in tutto ciò il Connettivismo ci sguazza come se fosse il suo ambiente naturale. Ovvio ed evidente che l'avanguardia scientifica e quella letteraria tendono verso un punto di merge posto in un metaterritorio dove fisicità e altre dimensioni altrettanto fisiche, ma non ancora conosciute se non immaterialmente, si incontrano su piani non tridimensionali.

Ecco un breve brano dell'intervista:

Sulla scia di nuovi concetti e scoperte in varie discipline scientifiche, la filosofia della scienza tradizionale occidentale, con i suoi presupposti fondamentali e il suo paradigma newtoniano/cartesiano, veniva messa sempre più in discussione.

Tra le varie sfide da sostenere vi erano le scoperte e le implicazioni della fisica quantistica e relativistica esposte da Fritjof Capra, Fred Alan Wolf, David Peat e da molti altri; la teoria dell'olomovimento di David Bohm; il modello olografico del cervello proposto da Karl Pribram; Gregory Bateson con la sua brillante sintesi di cibernetica, di teorie dell'informazione e dei sistemi, di logica, psicologia ed altre discipline; il lavoro di Rupert Sheldrake sui campi morfogenetici; gli studi di Ilya Prigogine sulle strutture dissipative e l'ordine mediante fluttuazione; il principio antropico in astrofisica, e così via.

Era entusiasmante vedere che tutti questi nuovi sviluppi non erano conciliabili con il pensiero newtoniano/cartesiano del diciassettesimo secolo, né con la filosofia monistica e materialistica della scienza occidentale, ma erano compatibili con la psicologia transpersonale. Ora è facilmente intuibile che la psicologia transpersonale diverrà, nel futuro prossimo, parte integrante di una nuova visione del mondo più completa, che integri spiritualità e scienza.

Ma cosa significa, esattamente, psicologia transpersonale? E perché il Connettivismo vi si identifica, anche se parzialmente? Provo a dare una spiegazione rudimentale, soprattutto perché sono un semplice appassionato di psicologia, non un esperto.

Sostanzialmente, la particolare visione della psiche umana suggerita dalla psicologia transpersonale non si ferma ai puri aspetti freudiani, ovvero traumi accaduti in età più o meno giovane che hanno generato strascichi e che si perpetuano nell'esclusiva sfera materiale, dove per materiale si intende anche il dominio mentale, psichico, cerebrale, ma non spirituale. Jung andava più in là: nei suoi studi dipartiva dal maestro Freud per giungere a nuovi risultati in cui giocavano un ruolo fondamentale anche gli archetipi, le pratiche sciamaniche, tutto il retroterra culturale e magico in cui l'umanità si è trovata a suo agio per millenni.

Grof, ora, sembra andare oltre: mette nel calderone anche le scoperte quantistiche, le implicazioni della matematica e della termodinamica, e così via. Proprio le stesse implicazioni che scorgiamo noi, nel Connettivismo, tanto da spingermi ad affermare che Connettivismo e psicologia transpersonale si possono sovrapporre per quanto riguarda l'aspetto "olografico", ovvero per la convinzione che le dimensioni attigue invadano continuamente il nostro continuum spazio-temporale, influenzando la nostra esistenza ben più di quello che il pensiero materialista tende a concedere, ovvero nulla.

Ecco perché è importante prendere coscienza del tutto, quando il tutto significa sì materialità, ma anche spritualità, misticismo, ricordi di vite precedenti, sciamanesimo, teoria dei quanti, teoria del caos, universi paralleli e quant'altro. La psicologia transpersonale promulga l'interesse verso forme di animismo, è convinta assertrice che esistano luoghi in cui dimorano spiriti antichi, demoni o semplici elementali; l'uso dell'LSD fu propedeutico a questa scienza, nel senso che spalancò un mondo "olografico" in cui i significati delle visioni avevano una radice antropologica, e anche mistica, del tutto sconosciuta ai soggetti che sperimentavano lo psichedelico (ne ricordo il significato letterale: rivelatore della psiche) per lo più in una situazione di malattia terminale.

A questo scopo allego un altro, significativo, brano dell'intervista:

La scienza materialistica occidentale non lascia spazio ad alcuna forma di spiritualità e di fatto la considera incompatibile con la visione scientifica. Il fatto di essere spirituali equivale ad essere privi di comprensione scientifica del mondo, è sinonimo di superstizione, di pensiero magico primitivo, di immaturità emotiva. L'sperienza diretta di realtà spirituali è segno di grave malattia mentale.

La ricerca moderna nel campo della coscienza dimostra invece che la spiritualità è una dimensione naturale e legittima della psiche umana e dell'ordine universale delle cose.

Tutte le società umane dell'era preindustriale erano d'accordo sul fatto che il mondo materiale, quello che percepiamo e nel quale operiamo nella vita di tutti i giorni, non è l'unica realtà. La loro visione del mondo comprendeva l'esistenza di dimensioni nascoste della realtà, abitate da vari dei, demoni, entità disincarnate, spiriti ancestrali e animali di potere.

Le culture preindustriali possedevano una ritualità e una profonda vita spirituale imperniate sulla possibilità di ottenere un contatto esperienziale diretto con questi regni e questi esseri solitamente nascosti, e di ricevere da questi ultimi informazioni importanti o aiuto. Essi credevano che questo fosse un modo utile e importante per influenzare il corso degli eventi materiali.

Le descrizioni delle sacre dimensioni della realtà e l'esaltazione della vita spirituale sono in netto contrasto con il sistema di credenze che domina il mondo industriale. Secondo la scienza accademica dominante in Occidente, solo la materia esiste veramente.

La storia dell'universo è la storia dell'evoluzione della materia. La vita, la coscienza e l'intelligenza sono epifenomeni più o meno fortuiti e insignificanti di questo sviluppo. Sono apparse sulla scena dopo miliardi di anni di evoluzione di materia inerte e passiva, in un'irrilevante, minuscola parte di un immenso universo. È ovvio che in un universo di questo tipo non vi sia posto per la spiritualità.

Alla luce delle osservazioni tratte dallo studio degli stati olotropici, la consuetudine di ignorare sprezzantemente la spiritualità e di relegarla nel campo delle patologie, tipica del materialismo monistico, è ormai insostenibile. Negli stati olotropici le dimensioni spirituali della realtà possono essere esperite direttamente, in un modo altrettanto convincente delle esperienze quotidiane nel mondo materiale. È anche possibile fornire una descrizione graduale, passo dopo passo, dei procedimenti che facilitano l'accesso a queste esperienze. Lo studio attento delle esperienze transpersonali dimostra che esse sono ontologicamente reali e che ci forniscono informazioni su aspetti importanti dell'esistenza, aspetti ordinariamente nascosti.

In generale, lo studio degli stati olotropici conferma l'intuizione di C. G. Jung, secondo il quale le esperienze che traggono origine nei livelli più profondi della psiche (quelle che nella mia terminologia definisco 'perinatali' e 'transpersonali') posseggono una qualità particolare, che egli chiamava "numinosità" (riprendendo un termine usato da Rudolph Otto). Il termine 'numinoso' è relativamente neutro, ed è pertanto preferibile ad altre accezioni simili, quale "religioso", "mistico", "magico", "santo" o "sacro", che sono spesso state usate in contesti discutibili e sono quindi facilmente fuorvianti.

Il senso della numinosità è fondato sulla comprensione diretta del fatto che stiamo entrando in contatto con una sfera appartenente ad un ordine superiore di realtà, un ordine sacro, radicalmente diverso dal mondo materiale.

Per evitare malintesi e confusioni, che in passato hanno compromesso dibattiti analoghi, è fondamentale fare una netta distinzione tra la spiritualità e la religione.

La spiritualità è basata sull'esperienza diretta di aspetti e di dimensioni della realtà non ordinari. Non richiede un posto speciale, né la presenza di una persona ufficialmente preposta alla mediazione con il divino o un contesto Istituzionale .

I mistici non hanno bisogno di chiese o di templi. Il luogo nel quale fanno esperienza delle dimensioni sacre della realtà, compresa la loro propria divinità, è costituito dal loro stesso corpo e dalla natura.

Vedere anche psicologia transpersonale e paradigma olografico.