Trovo ampiamente condivisibile le obiezioni di Roberto e Sandro alle traiettorie inseguite dal cyberpunk, però... nella vita c'è sempre un
però, come cantava Bersani.
Il cyberpunk ha avuto un merito immenso, che non dobbiamo mai dimenticare di riconoscergli quando ne parliamo, altrimenti corriamo il rischio di passare per quelli che, per usare un'immagine cara a Roberto,
prendono a calci la carcassa del gigante morto. Il cyberpunk ha trovato la fantascienza chiusa in un laboratorio, l'ha presa per mano e l'ha portata a fare un giro per strada, di notte. Qui gli ha detto "vedi il mondo? E' tuo, va' a farti un giro" e l'ha lasciata lì. E' stato un
esperimento di darwinismo letterario, per usare un'espressione cara invece a Gibson, e come tutti gli esperimenti ha sortito esiti notevoli per certi aspetti, magari migliori delle più audaci aspettative dei suoi fondatori, e risultati deludenti per certi altri. In città era notte e la strada, lo sappiamo, è pericolosa. Finché si è giovani e intraprendenti, si ha l'agilità (anche mentale) necessaria a sopravvivere, ma la fantascienza aveva bisogno di qualche nozione in più per farcela. Non possiamo fargliene una colpa, era abituata così...
Termino lo sproloquio prima che si trasformi in un sermone indigesto.
Tutto questo, insomma, per dire cosa? Semplice: se in chiave tecnologica la fantascienza era la tesi e il cyberpunk la sua antitesi, occorre ora ricerca la sintesi. Sincretismo, sinergia e sintropia, ecco le tre parole-chiave per il futuro. Prendere quanto di meglio ci è stato offerto dal genere (nostalgia del futuro, speculazione, estrapolazioni e trasfigurazioni del presente) e tentare un nuovo esperimento. E' così che funziona il progresso, no?
Hasta siempre,
X